L'amicizia, il Paradiso e l'avventura della Felicità - Puntata 4


Tutto pareva concluso molto bene,
e come innanzi a un Capo si conviene,
gli Angeli eran pronti per andare via,
e salutare il Creatore con celeste cortesia.

Ma Fiabèl se ne uscì, all'improvviso,
con una idea un po' folle in Paradiso!
Ogni cantastorie, che sia alieno, Angelo o umano,
riesce a sorprenderti con qualcosa di strano!

«Signore» disse in un lieve sussurro
che quasi si perdeva nel Paradiso azzurro.
«Potrei scendere io, incarnato, giù nel mondo
e raccontare le mie fiabe in giro come un vagabondo?»

Mentre il Creatore sorrideva,
perché di ogni cosa tutto già sapeva
e da tempo si aspettava quel discorso accorato,
Ramaèl ci restò quasi secco fulminato!

«Cosa dici?» urlò a voce grossa e senza fiato,
scordandosi di essere al cospetto del suo Capo.
«Pazzo scriteriato vuoi sul serio andar laggiù
dove freddo e fame saranno schiavitù?
Davvero il Paradiso vuoi abbandonare
per un corpo fragile che può sanguinare?
Non portai più leggere il pensiero né volare,
non più le musiche sublimi delle sfere udire,
né con gli infuocati astri danzare all'imbrunire!
Avrai come gli uomini una pessima memoria,
e del nostro vero Padre scorderai la storia!»


Ora la sua voce era un sussurro supplicante,
un'arringa disperata alla proposta allarmante,
a quell'idea di suo fratello così tanto scellerata
che sperava l'avrebbe presto abbandonata.

«Sembra un po' crudele, amico mio fedele.
Ma solo così posso narrare le novelle
per rammentare ai bimbi che son figli delle stelle,
per insegnare bene la magia dei cuori
e rammentare loro che sono creatori».


A quelle parole Fiabèl divenne luce,
e solo un Angelo così intensa la produce.
Come ignorare un desiderio tanto forte?
Ramaèl ne volle condividere la sorte.
Aveva il coraggio tra le doti principali,
e non lo spaventava un'esistenza priva d'ali.

«Mandami con Fiabèl, ti prego Signore.
Te lo chiedo con tutto il mio addolorato cuore.
Solo, laggiù, chissà cosa combina!
Devo dargli il mio sostegno dalla sera alla mattina!»

Il Creatore sorrise e poi serio rispose
con parole dure, ma sagge e luminose:
«Dal Paradiso entrambi andrete via.
Ma Fiabèl sarà il primo. E così sia».

Ramaèl non si poteva rassegnare.
Quanto avrebbe dovuto aspettare?
E cosa aspettare e perché? Un anno, due, tre?
Dato comunque che nessuno si sogna
nemmeno per idea e nemmeno alla bisogna,
di ribattere agli ordini del Divino Creatore,
rispose in coro a Fiabèl solamente: «Sissignore!»


Dopo mille insegnamenti di Ramaèl il saggio,
e qualche gran segreto rivelato dal Sovrano,
venne per Fiabèl il giorno del suo viaggio
in un luogo detto Terra vicino ma lontano.
In quel vortice emotivo, nel momento dell'addio,
quasi quasi il Creatore ordinava un rinvio.

Tuttavia, di tutti quanti, Ramaèl era il più ansioso
perché guerre sanguinose, perché le peggiori cose,
sul pianeta del creato proprio più pericoloso,
attendavano il fratello incosciente e coraggioso.

«Non temere, stanne certo, presto ti ritroverò!»
Fiabèl disse a suo fratello che stava piangendo un po'.
«Come sempre sarò io ad accorrerti in aiuto,
tu ti perdi ovunque vai, e questo è risaputo!»

Rispondendo con affetto in quel modo irriverente
Ramaèl l'abbracciò forte con il suo dolore ardente.
Fu un celeste ultimo abbraccio perché poi quello seguente
lo sarebbe stato umano, chissà quando e chissà dove.
Un abbraccio commovente
che sarebbe stato altrove.



Era giunto il gran momento quindi Fiabèl disse addio
al fratello assai sgomento prima dell'ultimo oblio.
Tutto quanto il Paradiso cantava senza posa,
celebrava una nascita imminente e coraggiosa.

Due addetti straordinari lo dovevano scortare
alle soglie di un portale proibito da varcare:
il primo era un Arcangelo bellissimo e glorioso,
Lallaèl era il secondo, e sembrava molto ansioso.
Aveva ricevuto l'incarico prezioso
di custodire Fiabèl, e ne andava orgoglioso!

Dentro un tunnel tutto bianco fu gettato con un lancio,
che poi divenne viola, poi azzurro e verde e arancio.
Finché in ultimo fu il buio di una notte spaventosa.
E lui che visse un tempo in una casa luminosa,
conobbe la paura più terribile e insidiosa.

Poi un lampo molto strano lo accecò improvvisamente,
e nacque sulla Terra dentro un brutto e freddo ambiente.
La prima dote umana è possedere una mente,
così di essere Angelo scordò completamente.


Chiamarono Angelica quella bimba buffa e urlante
dall'insolita pelle così bianca e luccicante,
dalle lunghe, strane orecchie
e gambe magre come stecche.

Ora molti qui diranno, con perplessa ironia:
perché proprio quel nome, guarda un po' che fantasia!
Ebbene dunque accadde, adesso vi racconto,
che la dolce mamma, dalla notte al tramonto,
durante i nove mesi della gravidanza,
sognò Creature Celesti in abbondanza.
Poi vedeva Angeli nei libri che sfogliava,
in qualunque strada gli Angeli incontrava,
che fossero dipinti o statue che trovava,
s'imbatteva in Angeli insomma ovunque andava!


Ma erano le piume il fatto più curioso,
Proprio così, piume, di un bianco luminoso,
che cadevano dal cielo per poggiarsi sulle spalle,
lievi e silenziose come magiche farfalle.
O entravano di notte nella camera da letto
e al mattino raccoglieva come un segno benedetto.

Così, quando seppe che aspettava una bambina,
aveva già nel cuore il nome per la sua piccina.

(Continua)