UN MONDO SENZA FIABE

                                            
Un giorno il mondo si svegliò senza fiabe. 

I sette nani non cantavano più «hei hooo, hei hooo…» e avevano abbandonato la miniera. Ora passavano le giornate a ubriacarsi, giocare a carte e dormire. Scomparsa la gioia dell’impegno e del lavoro, erano adesso un branco di vecchi indolenti alcolizzati. 

Mary Poppins non sopportava più i bambini, aveva smesso di fare la tata, e a furia di ingozzarsi con il cibo spazzatura davanti alla televisione, ormai era troppo grassa per volare appesa al suo ombrello nero. Scomparsa la gioia di educare attraverso la magia, sprecava il tempo guardando programmi cretini e televendite. 

Cenerentola, dopo aver tirato il paiolo del camino in testa alla matrigna, era fuggita con il primo viandante conosciuto per strada, e di lei non si seppe più nulla. Senza la fede né l’aiuto delle creature magiche e degli spiriti che abitano la natura, la sua occasione di incontrare il principe azzurro era svanita. Perduta per sempre, come anche la realizzazione di aspirazioni e desideri. 

La Bella Addormentata non si era addormentata; furente per l’anatema ricevuto nel giorno del suo battesimo, e prima che questo si compisse, apprese le arti magiche e piantò l’ago dell’arcolaio nel sedere della maga cattiva, rovesciando le sorti dell’incantesimo: fu la strega a cadere nel sonno eterno! Ora che il Male dormiva, il Bene non sapeva di esistere, perché una cosa non ha più significato senza il suo opposto. E il mondo finì nel caos. 

Anche Biancaneve riuscì a salvarsi dal maleficio del sonno eterno. Maniaca del pulito al limite dell’ossessione, non avrebbe mai potuto mangiare cibo inquinato dalle mani sporche di una mendicante! Fu per questioni d’igiene quindi che sostituì furtivamente con una mela sana quella della vecchia apparsa un giorno alla sua porta. Dunque, mentre lei addentava un frutto innocuo, la strega ingeriva quello velenoso. Oplà, un’altra cattivona vittima di se stessa. 

Tanta bruttezza non poteva essere esposta in una teca di cristallo, perciò la strega finì sotto terra, ed è improbabile che qualcuno prima o poi chieda una riesumazione per baciarla e spezzare l’incantesimo! 

Quando Biancaneve si rese conto di aver ammazzato una vecchietta ebbe paura di finire in prigione e fuggì. Visse in una città lontana, fu assunta come cameriera in un bar e continuò a vagheggiare un futuro da attrice; ma lei non cantava più al pozzo dei desideri e non diventò mai attrice perché non era quello ciò che realmente voleva il suo cuore. Il bacio del vero Amore non fu mai dato, e l’Amore si spense nell’indifferenza. 

Sì, l’alba di una fredda mattina invernale svegliò l’umanità in un pianeta senza fiabe. 
Però i terrestri dell’ultima generazione, gli ultimi nati, non volevano subire una tale ingiustizia; non volevano vivere in un mondo governato dal caos, senza sogni né desideri, senza amore né magia. 
Che fare dunque? 
La Befana, mentre accadevano tutte queste vicende, si trovava in un luogo lontanissimo, alla fine del mondo. Aveva fatto un lungo viaggio per raggiungere la vecchia sorella Anafeb e rifornirsi dello speciale carbone che solo lei sapeva preparare. 

Quando fu sulla via del ritorno in groppa alla leggendaria scopa, i bambini capirono di avere ancora una speranza: forse proprio la Befana, risparmiata dallo sterminio delle fiabe, avrebbe potuto salvare il mondo! Quindi si rivolsero alla Grande Vecchia, supplicandola di sistemare le cose. 

La Befana ci pensò su, appoggiata al manico della scopa, mentre i bambini erano accovacciati ai suoi piedi - ce n’era uno per ogni razza e paese come rappresentante del suo popolo - e la guardavano in trepidante attesa. 
«Ho trovato!» esclamò all’improvviso facendo sobbalzare il giovane pubblico. 
Senza dire altro inforcò la scopa e volò via. 

Quella stessa notte, a ogni camino, o cappa (o in mancanza di entrambe una mensola) di ogni casa del mondo, la Befana appese una calza rossa. La calza conteneva cinque semi: il seme della Speranza, il seme della Fiducia, il seme dei Desideri, poi quello della Magia e infine dell’Amore. 
C’era anche un biglietto con le istruzioni: «Scegli un buon terreno, concima con la Gioia e annaffia con la Fede. 

Quei semi infine generarono i loro frutti; riapparvero i desideri insieme alla fiducia, la speranza insieme alla forza, l'amore insieme alla magia.

E fu così che grazie all’ultima generazione di terrestri, il pianeta ebbe di nuovo le sue fiabe. 
La Befana fu celebrata come l’eroina dei due due mondi: colei che in groppa alla sua scopa attraversa il confine dal vecchio al nuovo. 
Forse è per questo motivo che qualcuno, di tanto in tanto, la vede tramutarsi da vecchia signora a splendida fanciulla…



GLI ARCHETIPI NELLE FIABE



Gli Archetipi contenuti e raccontati nelle fiabe aiutano a comprendere quelle parti di noi che vogliono essere riconosciute e guarite.

Quando la stessa ferita si ripete nella vita di una persona - e può farlo mostrando diverse facce -  nascono e crescono i lati Ombra dell’Archetipo.

Ricche di viaggi fantastici e magia, eroi e anti eroi, le favole ci permettono di identificare tali lati oscuri, dapprima a livello inconscio - perché questo è il loro contenitore ed è su questo piano che agiscono le fiabe - poi, forse, di guarirli attraverso la guarigione del simbolo. Le fiabe sono dunque preziose a qualunque età, dall’infanzia alla vecchiaia.

Nel libro: «I viaggi di Timoteo» uno degli Archetipi vissuti dal protagonista è quello dell’Orfano.

Se pensiamo alle esperienze che attivano gli aspetti ombra di questo simbolo, comprendiamo che le nostre vite ne sono piene: il bullismo subito da giovani a scuola (e attraverso i social media), gli amori traditi, le truffe economiche e affettive, e via dicendo.
Le ferite generano personaggi oscuri, quali il traditore di sé stesso, cioè colui che non mette a frutto i propri talenti per paura o sfiducia. O il falso cinico, o il vittimista capace di vampirizzare persone e ambiente. Sono solo pochi esempi dei mille volti con i quali si mostra appunto il lato Ombra dell’Orfano.

Morti i suoi genitori, Timoteo resta solo ed è costretto a trasferirsi in un orfanotrofio perché non ha parenti che possano accudirlo.
Qui potrà guarire il tradimento della vita, che gli ha tolto non solo mamma e papà ma anche la sua amata, specialissima casa.
Guarisce attraverso l’amore della tenera istruttrice Angela, la quale a sua volta guarisce se stessa e le sue perdite grazie all’affetto materno che prova per Tim.

Nella vicenda tuttavia, la più significativa espressione simbolica di questo Archetipo è Benvenuto, il piccolo orfano autistico.
Timoteo ingaggia un’epica seppur silenziosa battaglia per arrivare alla coscienza di Ben, e ottiene la vittoria solo grazie alla Fede e all’Amore.
Nel guarire l’altro, Tim non solo guarisce se stesso ma sperimenta la verità di una sua visione, quando gli fu rivelata (in un altro capitolo) la fitta trama che lega tra loro tutti gli esseri viventi. 

Timoteo è l’eroe che riconosce il simbolo e vince l’Archetipo, conquistando così la Libertà e la Conoscenza; e proprio qui, alla fine delle sue avventure, guadagna la rivelazione alla domanda che apriva la fiaba.